Il magma

e la mappa

Avvertenza per il lettore

Il testo in questo sito è soggetto a mutazioni perché lo sto pubblicando via via mentre lo elaboro.

Questo riguarda non solo il fatto che  nel tempo il testo crescerà in lunghezza e in complicazione di rimandi interni/esterni (vorrebbe infatti provare ad essere un ipertesto...),

ma anche il fatto che ciò che è stato già scritto viene a volte tolto o riscritto diversamente.

Ciò che leggi adesso, domani potrebbe essere diverso o non esserci più, ma è normale che sia così, è la natura di questo sito.

Trattasi (soprattutto ma non solo) di filosofia.

Per commentare, suggerire, criticare, scrivetemi all'indirizzo

napoleoni1964@gmail.com.

Gli interventi più significativi saranno pubblicati, e in ogni caso avrò cura di rispondere alle mail.

Per facilitare il lettore che volesse seguire il lavoro di questo testo in divenire

senza essere costretto ogni volta a ripercorrerlo tutto per scoprire le novità,

c'è una pagina dove registro le variazioni/aggiunte via via che le faccio:

Aggiornamenti su IL MAGMA E LA MAPPA

Buona lettura!


1. Quasi come se il mio inconscio avesse voluto subito rispondere al dubbio se il desiderio di scrivere un libro di filosofia sia in me autentico, mi sveglio nel cuore della notte di sabato 13 marzo 2021 nel pieno di un rutilante intreccio di pensieri onirici su Cartesio, Spinoza, Hume, Kant, Husserl, Wittgenstein e sui filosofi italiani intorno ai quali, come ape ronzante su un gruppo di fiori, mi aggiro da diversi anni: Giovanni Piana e Alfredo Civita – che considero i miei maestri – Franca D'Agostini, Achille Varzi, Roberta De Monticelli. Per esempio, mi incalzava una domanda: ma perché Achille Varzi, invece di scrivere Le tribolazioni del filosofare non ha scritto una vera e propria storia critico-teorica della filosofia? Operazione che avevo consigliato/chiesto a Franca D'Agostini e che forse dovrebbe fare ciascun filosofo, per chiarire molto bene il suo pensiero (naturalmente quando dico "storia critico-teorica" non intendo una vera e propria storia della filosofia, ché altrimenti nessuno dei filosofi teoretici si sentirebbe di farlo, ma una ricostruzione molto parziale e personale di un percorso fra gli autori che ritiene più importanti – spiegando perché ha scelto quelli e come li vede collegati). Quel rutilante intreccio non sono in grado di ricostruirlo semplicemente qui, ma l'esperienza mi è servita per confermare che la passione filosofica non è affatto spenta o superficiale o illusoria, anzi è materia ancora incandescente dentro di me.

Una materia in piena ebollizione rispetto alla quale vorrei adesso – e comincio subito! – trovare una forma – aperta, cangiante – che cerchi di disegnarne i contorni, coglierne la struttura, costruendo con la scrittura un luogo-testo-sito-ipertesto nel quale il lavoro consista nel riannodare i fili interrotti delle mie inquietudini riflessive, riprenderli in mano, riconoscerli nelle loro differenze, accogliere quelli nuovi che via via nascono: coltivare il mio orto mentale avendone compreso il perimetro fluido e provando a disegnarne la mappa. Ma la mappa ha bisogno di una forma originale, che si adatti a questo contenuto ribollente, tutt'altro che compiuto. Un testo aperto e in continuo divenire? Un ipertesto?

2. Cominciamo, dunque! E da dove? In passato ho tentato di "dare forma" alla lava dei miei pensieri immaginando un "sistema" che potesse valere anche per gli altri... una sistema da costruire collettivamente (addirittura!), ma del quale disegnavo già i contorni e la struttura, pur affermandone la provvisorietà e l'apertura a successive revisioni, a progressive modifiche. L'avevo chiamato Progetto Pico. (Ho scoperto che c'è un sito con lo stesso nome, nel quale si studia il Discorso sulla dignità dell'uomo di Pico della Mirandola.)


3. Qual era la mappa che avevo disegnato nel Progetto Pico? "Un sistema orientativo, quindi con un carattere essenzialmente etico-politico, ma fondato su una sintesi conoscitiva, ovvero costruito su basi scientifico-storiche: una nuova filosofia della natura, una concezione scientifico-filosofica della natura umana, e una visione storico-critica dell’attualità."

Avevo anche già pensato la scansione, la struttura:

1. La contemporaneità

2. Metafilosofia

3. Metafisica e filosofia della natura

4. L’essere umano

5. Etica

6. Politica

Ma questo era l'indice di un "sistema filosofico", che poi dettagliavo ulteriormente e del quale pretendevo già di tracciare alcuni "princìpi ispiratori". Pretese probabilmente eccessive, che hanno bloccato sul nascere il progetto, già troppo definito per poter essere condiviso. Franca D'Agostini, una filosofa a cui mi ispiravo dichiaratamente e che veniva nel testo citata diffusamente, lo stroncò: "Non appena Napoleoni entra in dettaglio, l’ipotesi della pace filosofica sfuma via. Il suo infatti è già un pre-sistema filosofico, pronto per essere messo in discussione e per alimentare la non-pace, e soprattutto: concepito in solitudine, con scarsi confronti." Insomma: volevo promuovere il "pensare insieme" ma sulla base di un progetto viziato già in partenza dall'essere stato concepito in solitudine. "La solitudine è la vera malattia di chi pensa, oggi: nonostante l’apparente concitazione degli scambi comunicativi, sul web e altrove." scriveva ancora D'Agostini.

Ma come uscire dalla solitudine, nel pensiero? Non è affatto chiaro, e vorrei azzardare qui un'ipotesi. L'ipotesi è che in realtà il pensiero richieda la solitudine, ma non nel senso che un filosofo non viva del confronto con altri filosofi. Nel senso, invece, che un pensatore ha bisogno di dialogare a distanza, senza il confronto immediato della discussione aperta e diretta. Tutte le volte che ho visto filosofi discutere fra loro, li ho visti sempre finire per litigare (senza arrivare a considerare Massimo Cacciari, che sembra predisposto al litigio a priori...). Ricordo una bellissima puntata de L'infedele, condotto da Gad Lerner, con tanti filosofi tra cui Severino e Vattimo (pensate: un metafisico per eccellenza e un anti-metafisico per eccellenza...). In che senso dico "dialogare a distanza"? Faccio un esempio: Kant, nelle prefazioni alla Critica della ragion pura e ai Prolegomeni, cita vari filosofi e dichiara in particolare i suo debito nei confronti di David Hume. Ma non è che Kant si sia confrontato direttamente con Hume: Kant ha letto i libri di Hume e ci ha riflettuto sopra, ma per rifletterci sopra era solo, solissimo! Questo intendo dire: che il pensiero nasce da un dialogo interno, con se stessi, perché solo nella solitudine si può trovare quel raccoglimento, quella pura concentrazione, che è condizione per un pensiero profondo e fecondo. Nelle discussioni finisce sempre per prevalere l'antagonismo del "chi ha più ragione?" "chi ha capito meglio le cose?" "chi sa di più?" "chi è più bravo?". Credo che un vero dialogo alla pari, in cui si costruisce insieme un pensiero, sia una delle cose più difficili e più rare, che forse solo nell'ipotesi di un dialogo tra filosofi che siano anche amanti, o legati da profonda amicizia, si può realizzare. (Interessante, a questo proposito, il bel dialogo tra Vattimo e D'Agostini sul tema della verità, in tre video ancora rintracciabili digitando nella stringa di ricerca di YouTube "Vattimo D'Agostini verità".)

Qui e ora, invece, accettando in pieno la condizione della solitudine, e anzi ricercandola come premessa e condizione indispensabile, voglio cercare di dare una forma alle inquietudini e agli arrovellamenti della mia "mente profonda", quei pensieri che si fanno sognando e che "urgono", premono sulla coscienza fino a svegliarti e ti costringono poi a continuare a pensare e a scrivere per liberare la mente. Vorrei farlo puntando alla completezza, per questo ho voluto richiamare all'inizio il mio sogno di sistema filosofico. Vorrei, cioè, dare una forma a TUTTO il magma che c'è dentro di me, disegnarne la mappa completa.

Ma quale potrebbe essere questa forma? Non un sistema, non un indice di argomenti o temi, ma comunque un "discorso", con un capo e una coda. Lo immagino però con più teste e più code, più braccia e più gambe... Un discorso mostruoso?


4. Un discorso fatto soprattutto di nodi, questioni aperte, aree di interesse, frammenti da sviluppare, personaggi (soprattutto filosofi) che già in parte conosco ma il cui lavoro vorrei conoscere molto di più. Un discorso che riesca a mettere in evidenza i nessi, i collegamenti, tra questi nodi-questioni-interessi-frammenti-persone.

                                                                                  

5. Provo adesso a formularlo in breve, questo discorso mostruoso, in una versione preliminare e iniziale che sarà inevitabilmente monca, mancante, incompleta (quindi ancora più mostruoso, perché con una quantità eccessiva di arti, protuberanze, tentacoli, ma in gran parte amputati dall'esigenza di iniziare qualcosa presto, subito, senza ancora aver chiaro dove si andrà a parare). Chiedo quindi scusa in anticipo all'eventuale lettore, per due motivi. Il primo (come già scritto nell'Avvertenza) è che vado via via pubblicando pezzi di testo che poi successivamente rivedo e riscrivo. È inevitabile, data la natura di questo testo, che sia in costante divenire e crescita. Il secondo motivo per scusarmi è che, almeno per ora, non intendo curare troppo la trasparenza del linguaggio. Può darsi che alcuni termini non risultino chiarissimi.

Nella nostra epoca (e qual è questa epoca? come la possiamo caratterizzare? dipende da quanto vogliamo essere vicini all'attualità più stretta – e allora inevitabilmente è la pandemia – o un po' più lontani – e allora ci sono tutta una serie di interpretazioni già pronte, che ho in parte già letto e che vorrei completare, approfondire, commentare, per esempio Baricco (The Game), Harari (la trilogia) ...) quello che manca nella cultura, soprattutto, è un'immagine condivisa della natura umana. La questione aperta, ancora molto controversa, è se l'agire umano sia prevalentemente mosso da forze, pulsioni, meccanismi inconsapevoli oppure da ragioni, argomenti, scopi consapevoli. Da questa questione dipendono altre questioni fondamentali, in primo luogo quella di come rapportarsi più efficacemente con gli altri esseri umani: più con atteggiamento spinoziano o più con atteggiamento "demonticelliano"? Quindi collegato con questo c'è tutto il versante del che fare? come agire per migliorare le cose? (fronte etico-politico-pedagogico). Questo nodo, quello sulla natura umana, è strettamente collegato con l'antico e sempre rinascente problema del libero arbitrio, uno dei più autentici problemi filosofici (sicuramente non si tratta di uno "pseudoproblema", caro Wittgenstein! ... ma forse tu, nel Tractatus, l'avresti classificato come appartenente al Mistico...?), ed è collegato altresì con un altro grande problema che ormai nella mia mente associo alla felice espressione che dà il titolo a un volume – La guerra dei mondi – : il rapporto tra la visione scientifica del mondo e la visione del senso comune. Rapporto problematico a vari livelli, fra i quali emergono soprattutto punti di scontro nel campo della fisica e nel campo della psicologia (in realtà tutto ciò è in buona parte, almeno per me, ancora da studiare...). E qui si inserisce l'inquietudine più recente, che mi ha spinto di nuovo a scrivere: il ruolo e il destino, in tutto ciò, della filosofia. Cioè: come i filosofi possono portare un po' di pace in quella "guerra dei mondi" di cui sopra?. In secondo luogo, dalla questione della natura umana dipende anche un altro ormai classico e sempre attuale problema filosofico: la dicotomia fatti/valori, o in altri termini la discussione su cognitivismo etico/anti-cognitivismo etico. 

Forse conviene provare intanto a disegnare una mappa concettuale per visualizzare i nessi problematici fino a qui individuati.







6. Probabilmente Franca D'Agostini (ma forse non solo lei...) non sarebbe d'accordo sul senso della freccia che parte dal problema della "guerra dei mondi" e arriva al problema metafilosofico. Nel senso che si può anche sostenere che il problema del contrasto tra visione scientifica del mondo e visione del senso comune nasce proprio dalla crisi della filosofia. Cioè : siccome la filosofia non è riuscita a rispondere adeguatamente alla crescita esponenziale delle conoscenze scientifiche, allora ci ritroviamo con questo problema della" guerra dei mondi".



7. Siamo nel febbraio del 2024, riprendo l'idea di scrivere un libro di filosofia, mettendo a disposizione i pensieri preparatori o bozze del libro stesso


8. Penso a tanti capitoletti brevi, molto diretti, semplici, scritti in seconda persona, rivolti al lettore: "Immagina che..."; "Cosa penserensti se succedesse...?"; Alcuni potrebbero anche essere in prima persona, del tipo "Sono giunto alla conclusione che..."; "Mi sono messo a studiare ... e ho capito che...".

Tutto molto scorrevole, ma con un crescendo di complicazioni e di rimandi interni ai capitoletti (ciascuno numerato, per fcilitare i rimandi)


9. Ma su quale tema? Penso di definirlo all'interno dell'intenzione generale di collegare ambiti che normalmente vengono tenuti separati, discorsi che normalmente vengono distinti, campi che si considerano refrattari fra loro


10. Ecco il tema: le relazioni tra sapere (conoscere), sentire e agire. Sono gli ambiti delle tre Critiche kantiane? In un certo senso sì, solo che mentre Kant intendeva tenere separati i rispettivi ambiti, io vorrei invece proprio lavorare sui nessi tra di loro. Sul nesso tra conoscere e agire ha lavorato molto Spinoza, così come sempre Spinoza ha lavorato sul nesso tra conoscere e sentire. Nel SENTIRE ci metto emozioni, passioni, immaginazioni, valutazioni. E mentre di solito io mi arrovellavo sulla dicotomia tra conoscere (che implica visione deterministica) e agire (che implica la libertà come autodeterminazione contingente), adesso lavorerei proprio sull'interrelazione tra questi due ambiti, complicando il tutto con il terzo ambito. Ritornerebbe il fatidico nulero TRE, cui ho già dedicato un post molto tempo fa. C'è da confrontarsi anche con la tripartizione cui Agostino ricorre per indagare le tre dimensioni temporali dal punto di vista del vissuto.


11. Nei capitoletti dedicati al sapere, inserirei delle brevi sintesi divulgative su aspetti rilevanti delle scienze o della filosofia; nei capitoletti dedicati al sentire farei analisi fenomenologico-esistenziali su aspetti dei vissuti o descriverei semplicemente vissuti, comprese le immaginazioni. Potrebbero essere anche piccole storie, che suscitino qualche vissuto emotivo-valutativo-immaginativo. In quelli dedicati all'agire si tratterebbe, inevitabilmente, di riflessioni filosofiche sulle possibili linee d'azione, atteggiamenti, strategie... guidati dall'idea di von Wright che agire significa modificare qualcosa nel mondo, pensando che se non avessimo agito il mondo sarebbe andato, anche se in minima parte, diversamente da come invece va, in conseguenza della nostra azione. Vi sarebbero poi capitoletti nei quali si indagano i NESSI.


12. La struttura potrebbe essere questa (lasciando all'ordine dei contenuti molta libertà, con l'unico criterio di partire dal semplice e dal basilare per arrivare gradualmente al complesso e sovrastrutturale): 1.sapere, 2.sentire, 3.agire, 4.nessi tra i precedenti, 1, 2, 3, 4, ecc. Nei capitoletti dei multipli di quattro indagherei:  1 →2; 1→3; 2→1; 2→3; 3→1; 3→2 o più semplicemente: i nessi tra 1 e 2, tra 1 e 3, tra 2 e 3.